Massimo DELLA VALLE |
![]() Massimo Della Valle, dopo aver frequentato il Liceo Scientifico "Calini", è stato il primo bresciano a laurearsi in Astronomia a Padova nel 1983. E’ stato allievo del prof. Alvero Valetti. Ha poi iniziato il dottorato di ricerca nell'ex-Unione Sovietica, che ha successivamente concluso a Padova. E' stato "post-doc" presso la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste, "fellow" all'European Southern Observatory in Cile e Associate Scientist presso L'Hubble Space Telescope Institute di Baltimora. Rientrato in Italia nel 1995, ha lavorato presso il Dipartimento di Astronomia dell'Università di Padova, all'Osservatorio Astrofisico di Arcetri e nella "telescope division" di ESO a Monaco di Baviera. Attualmente e' direttore di Ricerca dell'Istituto Nazionale di Astrofisica--Osservatorio di Capodimonte, a Napoli. Si occupa di stelle che esplodono come Novae, Supernovae e Lampi Gamma, che usa per misurare le distanze cosmiche e il 'tasso' di espansione dell'universo. In una recente intervista, rispondendo alla classica domanda sull’esistenza di forme di vita aliene ha dichiarato che “è convinto che esista vita intelligente anche sulla Terra, ma che sia molto rara”.
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INTERVISTA
ALL'ASTRONOMO MASSIMO DELLA VALLE
Dopo anni dedicati esclusivamente alla ricerca astronomica, con l’autorizzazione a volare molto lontano tra gli spazi siderali, come si è sentito, diciamo con i “piedi per terra”, nella gestione degli aspetti economici, organizzativi ed anche sindacali dell’Osservatorio partenopeo, visto che nella specola napoletana lavorano circa 40 scienziati e una trentina tra amministrativi e tecnici, oltre a una quindicina tra studenti e borsisti a diverso titolo? Il rischio di farsi "sommergere" dagli aspetti burocratici esiste. Cercare di districarsi tra moltitudini di norme, qualche volta anche contradditorie, è una sensazione sgradevole che infonde "apprensione" in chi ha la responsabilità ultima delle decisioni. E comunque sottrae tempo allo studio e alla ricerca scientifica, cioè a cose molto più interessanti. Esiste un solo modo per venirne a capo: dedicarsi al proprio lavoro con dedizione, questa è la base di partenza, ma non basta. Bisogna avere la fortuna di "incappare" in bravi collaboratori. In qualche caso bisogna avere la capacità di riconoscere i ricercatori capaci e volenterosi, da quelli che lo sono meno. Se hai collaboratori con queste doti e non "yes men" si riesce ad assolvere in modo soddisfacente la parte "funzionale" del lavoro e nel contempo si continua a fare ricerca, condizione necessaria per rimanere buoni scienziati. Il tema degli scarsi investimenti nella ricerca è una costante nelle scelte politiche italiane. La sua recente esperienza gestionale quali spunti le ha offerto per un ampliamento ed un miglior utilizzo dei fondi destinati alla scienza e per promuovere tra l’opinione pubblica l’interesse nei confronti della ricerca? L'Osservatorio
di Napoli ha l'onore e l'onere di mantenere grande interesse scientifico
su tutte le linee di ricerca della moderna astrofisica. Da noi si studia
l'evoluzione delle stelle, dalle fasi iniziali fino alla loro morte,
attraverso le catastrofiche esplosioni di supernova. Poi abbiamo un
gruppo di ricercatori che studia l'evoluzione delle galassie e la materia
oscura, altri investigano il Sole e infine c’è una pattuglia
di tecnologi che costruisce strumentazione scientifica che volerà
sulle prossime missioni spaziali. In particolare l'unico strumento scientifico
che nel 2016 atterrerà su Marte nell'ambito della missione EXO-MARS,
una missione sponsorizzata dall'Agenzia Spaziale Europea, viene costruito,
sotto la guida della dottoressa Francesca Esposito, nei laboratori di
Capodimonte. Un fiore all'occhiello per l'intera astronomia italiana.
Da cultore della scienza del cielo questo impegno trasversale, che va
dallo studio del Sistema Solare sino quello dell'Universo remoto, mi
riempie di orgoglio, dall'altro, in un sistema a risorse limitate, obbliga
a fare delle scelte e alla fine qualcuno viene ingiustamente penalizzato. Per
quel poco che ho saputo, visto che i dettagli non vengono resi noti,
direi la seconda. La segnalazione verso il Quirinale è partita
nel 2012. In quell'anno si sono sommati due avvenimenti che per ragioni
diverse mi hanno dato una relativa visibilità: l'organizzazione
delle celebrazioni per il bicentenario della fondazione dell'Osservatorio
Astronomico di Capodimonte, avvenuta il 4 Novembre del 1812, a Napoli,
per volere di Gioacchino Murat, e il conferimento, nel novembre 2011,
a Saul Perlmutter, Brian Schmidt e Adam Riess del premio Nobel per la
fisica. Mentre ero giovane post-doc in Cile e poi ricercatore a Padova
sono stato, a partire dal 1990, uno dei primi collaboratori di Perlmutter.
Successivamente ho lavorato anche con Schmidt e Riess. Quindi ho goduto
in quei mesi di "luce riflessa"... |
QUANDO GLI AMICI VINCONO IL NOBEL
I tre scienziati statunitensi, vincitori del premio Nobel
per la fisica, hanno scoperto che un particolare tipo di esplosioni stellari,
dette supernovae, distanti migliaia di miliardi di anni luce dalla Terra,
sono più lontane di quello che ci si aspetterebbe se l'espansione
dell'universo fosse decelerata. Da qui l'ipotesi che il cosmo sia permeato
di una nuova componente energetica, chiamata energia oscura, che ne provoca
l'accelerazione. Queste ricerche
- Che cosa si prova nel sapere che tre fisici americani con i quali si è lavorato hanno ricevuto da Stoccolma quello che è il più ambito riconoscimento in campo scientifico? La bellissima notizia mi è stata comunicata mentre
ero in aeroporto. - Da quanto tempo è in contatto con i tre fisici statunitensi e soprattutto che cosa avete fatto insieme? L' osservazione delle supernovae di “tipo Ia” a distanze
cosmologiche, che ha condotto alla scoperta dell'accelerazione dell'Universo,
iniziò alla fine degli anni 80 primi anni 90, grazie all'intuizione,
all'impegno e alla dedizione di Saul Perlmutter. Risale a quegli anni
la costituzione del team di scienziati denominato "Supernova Cosmology
Project" e la mia collaborazione con Perlmutter che si concretizzò
nella pubblicazione nel Gennaio del 1998 di un articolo per la rivista
Nature dove, per la prima volta, si annunciava la misura di una espansione
accelerata dell'universo, anche se all'epoca trovammo un valore dell'accelerazione
che è circa la metà di quello misurato oggi. - Qual è l’importanza di questa scoperta e soprattutto quali sono le implicazioni per le ricerche future? Il significato di questa scoperta del tutto inaspettata
è tutt'altro che chiaro. In modo ‘naive’ si potrebbe pensare che
un'espansione accelerata porti le galassie ad allontanarsi le une dalle
altre a velocità sempre maggiori, e che quindi il destino ultimo
dell'universo sia un'espansione infinita, un universo colmo di "solitudine
cosmica".
I tre scienziati
statunitensi, vincitori del premio Nobel per la fisica 2011, hanno scoperto
che un particolare tipo di esplosioni stellari, dette supernovae, distanti
migliaia di miliardi di anni luce dalla Terra, sono più lontane
di quello che ci si aspetterebbe se l'espansione dell'universo fosse decelerata.
Da qui l'ipotesi che il cosmo sia permeato di una nuova componente energetica,
chiamata energia oscura, che ne provoca l'accelerazione. Queste ricerche
coinvolgono anche il primo astronomo bresciano, Massimo Della Valle, attuale
direttore dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, Istituto Nazionale
di Astrofisica, a Napoli. In questa pagina
è disponibile l’articolo con il quale viene descritta la scoperta.
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